L’
effetto della socialità virtuale … sulle relazioni genitori-figli
I figli della rete. Con
quali genitori: rivali, fruitori, educatori?
Il
gruppo composto da più di trenta persone, provenienti da luoghi e scuole
diverse, è stato coinvolto con due filmati iniziali che presentavano situazioni
tipiche dei nostri giorni.
Il
primo video, promosso da una sede del Lions club di Firenze, presenta quattro ragazzi che chattano con una ragazza. Il gruppo si
presenta come un’unità descrivendo di volta in volta le caratteristiche di
ciascuno come se fossero di una sola persona, alterandone i tratti per
compiacere i gusti della ragazza. La ragazza, a sua volta, si presenta come
vorrebbe essere: bionda invece che bruna, con gli occhi scuri
Il filmato
tratta la ricerca d’identità degli adolescenti con delicatezza e mostra tutte
le contraddizioni che si creano con una conversazione virtuale. Alla fine la
ragazza chiede una foto e il gruppo si presenta finalmente com’è.
Il
secondo filmato, realizzato dalla coppia comica Claudio Casisa e Annandrea Vitrano cioè “soldi
spicci”) confronta adulti ignoranti della rete con una ragazza super-esperta che
usa internet con disinvoltura. L’accento è posto naturalmente sul divario
generazionale creato dalla comunicazione digitale.
I partecipanti
al gruppo di lavoro sono stati invitati ad esprimere brevemente cosa aveva
suscitato loro la visione dei filmati.
La
risposta emotiva al primo filmato si può riassumere in: Tristezza per la
delusione e l’incomprensione che si crea con la falsa identità dei personaggi
anche paura della condizione di solitudine, fragilità e non appartenenza dei
ragazzi, stimolo ad una presenza responsabile degli adulti.
Per il
secondo si è rilevato come, in chiave comica, si rispecchia la realtà di un gap
generazionale, inadeguatezza degli “ignoranti digitali”ma anche un forte
stimolo a non arrendersi, ad adeguarsi, a essere comunque presenti e cercare
modalità per non abbandonare la comunicazione.
A
questo punto la presentazione multimediale, (costituita da varie diapositive)
di Patrizia Margiotta ha introdotto le riflessioni e gli spunti teorici.
I FIGLI DELLA RETE
Il ruolo che oggi
hanno assunto nella vita di tutti e, soprattutto dei più giovani, i media
(cellulari, - iPhone, e-mail, chat, blog, Facebook) ha molteplici significati.
Il loro utilizzo è irrinunciabile per molti giovani che non a caso sono
definiti “generazione digitale”, con riferimento a chi è nato dopo il 1991. Infatti,
la diffusione della rete Internet ha ridefinito i parametri della conoscenza, dello
spazio e del tempo, con conseguenze sia positive che ahimè negative.
Sicuramente valorizza alcune competenze dei ragazzi, favorisce dinamiche di
apprendimento più percettive, dà loro la possibilità di divenire consapevoli
della comunicazione digitale e l’opportunità di informarsi, di stabilire
relazioni orizzontali con i coetanei, ma non possiamo non evidenziare che allo
stesso tempo i media interferiscono nel processo educativo, rendendolo più
arduo. La realtà mediatica, infatti, si è sovrapposta al mondo delle relazioni
faccia a faccia, ai tempi e agli spazi della vita quotidiana, con conseguenze
pedagogiche notevoli.
Per i ragazzi, e gli
adolescenti in particolare, c’è una forte spinta di riconoscimento e di
unicità, spesso ancora inconsapevole che li porta ad assumere atteggiamenti
forti e stravaganti per coprire un senso di insicurezza e di solitudine di cui
non riescono a coglierne la provenienza. Molti di loro per sfuggire a momenti
di noia e mancanze si espongono in spazi pubblici, come i social-network ma
ahimè, senza alcun filtro. Quasi tutti sanno usare benissimo menù e strumenti
sui dispositivi ma la maggior parte di essi non riesce a schermarsi e a
proteggersi: non sanno selezionare quello che può essere arricchente da quello
che è pericoloso, dubbio, confuso.
I selfie sono spesso
una riproduzione che non rimanda loro un’immagine bella e vera ma è quasi una
sorta di mercificazione di se stessi perché manca il ritorno del senso
gratificativo e realmente identitario. I pre-adolescenti e gli adolescenti
hanno bisogno di armonizzare quello che biologicamente, psicologicamente e
socialmente accade alla loro vita e questo non può avvenire solo in ambito
virtuale perché in tale contesto mancano figure di riferimento significative
che li facilitino ad armonizzare, tradurre e capire il significato vero o
sotteso delle immagini o dei contenuti da cui troppe volte sono sommersi. Non
sempre nei ragazzi vi è la consapevolezza emotiva e cognitiva di ciò che gli
accade. Anche le immagini belle o brutte che diventano stimolo per un’emozione
se non elaborate attraverso la condivisione della parola e di un sentimento
rimangono fine a se stesse, e possono diventare fonte di ansie e paure.
Internet è in grado
di dare emozioni ma non di stabilire dei legami, e quindi è fuori dal dominio
dei sentimenti che uniscono invece gli individui. L’uso degli strumenti
digitali favorisce certamente il vissuto emotivo ma li allontana dai legami
sentimentali. Passare il tempo davanti a un video promuove un esercizio e un
arricchimento per le emozioni. Se lo stesso tempo è trascorso in un ambiente
familiare o con persone significative a cui si è legati affettivamente si
arricchisce invece la vita dei sentimenti. E, per fare questo, i figli hanno
bisogno di figure di riferimento, genitori, educatori, che li aiutino ad
armonizzare e a trovare significati di valore che questi vivono solo
virtualmente. I figli hanno bisogno della nostra esemplarità per cogliere la
bellezza e la bontà di quanto gli offriamo come modello. Ma noi adulti siamo in
grado di sostenerli, di comprenderli, e di essere esempio per loro? Solo
attraverso l’acquisizione di idee di valore i ragazzi possono sviluppare una
moralità, un’etica personale, che supportata da quello che loro vivono come
buono e che li può aiutare a trovare obiettivi di relazione.
Ci sono ancora padri
forti, madri esemplari, educatori coraggiosi, che guidano con il loro esempio?
I valori non possono essere trasmessi dalle sole, talvolta, inutili parole.
Abbiamo bisogno di gesti, di ascolto, per aiutare i nostri figli
nell’introspezione, che è considerata la forma più evoluta di autocoscienza.
La seconda parte del laboratorio si è
aperta con la presentazione del caso e l’invito a immaginare un progetto di
intervento consulenziale dopo aver ascoltato la narrazione del caso reale.
Una coppia,
Leonardo e Caterina, si presenta in consulenza perché è in disaccordo sull’uso
della rete in famiglia (marito, moglie e due figli). Lui lamenta un
impoverimento della relazione, lei un senso di oppressione e insofferenza per i
richiami di lui, verso di lei e i ragazzi (il caso è pubblicato sulla Rivista).
Di seguito l'analisi del gruppo.
Nella prima parte
della discussione del caso sono emerse le risonanze dei membri del gruppo
rispetto alle tematiche emerse. I conduttori hanno invitato a porre l’attenzione
a come le risonanze del consulente possano talvolta confondere una
pianificazione “pulita” della consulenza. La maggioranza dei consulenti si è
espressa per lavorare con la coppia sull’accettazione/diversità dei due
coniugi, sulla tolleranza e sul ripristino di una corretta comunicazione
perduta. Ogni partecipante ha anche sottolineato modalità e strumenti con i
quali avrebbe lavorato per aiutare i coniugi a migliorare la relazione.
Alla fine i
partecipanti si sono scambiate le parole significative da portare via. La
bellezza e il piacere di ritrovarsi “a casa” per un confronto che stimola,
riattiva, dà potenza e spinta per affrontare le sfide per raggiungere i nuovi
traguardi posti dal cambiamento delle tecnologie e della comunicazione.
Il clima che si
creato all’interno del gruppo è stato di grande partecipazione, d’interesse
profondo e di un confronto adulto ed efficace.
Margiotta e Cinotti